Focale dell’obiettivo: il rapporto con il negativo.

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Teleobiettivo, grandangolo, obiettivo standard. Cosa significano queste definizioni?

Chiunque si avvicini al mondo della fotografia, si trova di fronte alla domanda: “quale obiettivo devo utilizzare sulla mia macchina per ottenere la foto voluta?

Arriva fino in fondo all’articolo, ne scoprirai delle belle.

Una risposta veloce -e corretta- alla domanda iniziale può essere questa: teleobiettivo per per avvicinare i soggetti; grandangolo per riprendere uno spazio più ampio; obiettivo standard per fotografare come vede l’occhio umano.

Ma, quale è l’obiettivo standard? E quale è il rapporto fra obiettivo e negativo? (o, più modernamente, fra obiettivo e sensore?)

Qui cercheremo di dare tutte le risposte a questi interrogativi.

Il formato 24×36

Già nei primi anni del ‘900 la pellicola per filmare era la 35mm, con le perforazioni sui due lati per permettere l’avanzamento nelle cineprese.

Questa pellicola, ampiamente prodotta per l’industria cinematografica, divenne oggetto di interesse per l’industria fotografica.

Oskar Barnack, che lavorava per la Leitz, nel 1913 progettò una macchina fotografica per testare le sensibilità delle pellicole destinate al cinema. La presenza dei forellini ai margini della pellicola, portò alla realizzazione del sistema di avanzamento della pellicola tuttora utilizzato.

Dopo la prima guerra mondiale venne progettato un contenitore metallico per proteggere dalla luce la pellicola 35mm. E da li, via via, si definì il formato 135, in uso ancora oggi.

La famosa Leica, prodotta dalla Leitz (LEItz CAmera) introdusse sul mercato questo formato per le fotocamere. Tale formato era, e da molti è ancora considerato, il formato standard per la fotografia.

Analizziamolo con un po’ di attenzione: le dimensioni del fotogramma sono, 36 millimetri per 24 millimetri. Vediamo come conoscere anche la misura della diagonale.

Qui ci viene in aiuto il noto teorema di Pitagora, eh si, dobbiamo dar fondo alle conoscenze ricevute durante le medie.

Formula teorema di Pitagora

La formula per conoscere la diagonale del fotogramma.

36 al quadrato fa 1296; 24 al quadrato fa 576. Sommati insieme fanno 1872. La radice quadrata di 1872 è 43,26.

Bene, questo salto all’indietro sui banchi di scuola, ci fa capire che, la diagonale in millimetri del negativo preso in esame è molto vicina alla lunghezza focale dell’obiettivo considerato standard, il 50mm. Standard però, per questo formato.

Considerando che per molti anni il formato Leica è stato lo standard per la fotografia, questo ha radicato il concetto che il 50mm è l’obiettivo di riferimento per scattare fotografie il più vicino possibile alla visione dell’occhio umano.

Ci tengo a precisare che, nei primi anni di utilizzo del formato 24×36, gli obiettivi montati sulle fotocamere erano dei 45mm, ancor più simili al valore della diagonale del negativo.

Quale è il segreto

Per ottenere una foto con un angolo di ripresa simile al campo visivo umano, dove la prospettiva e le proporzioni risultino simili alla nostra percezione visiva,  la lunghezza focale dell’obiettivo deve essere uguale (o molto vicina) alla diagonale del negativo (o del sensore).

Se, ad esempio, utilizzo un banco ottico, con pellicola piana di formato 18cm x 24cm la diagonale sarà pari a 30 centimetri. L’obiettivo “standard”, in questo caso, sarà un 300mm.

Se invece scatto con una fotocamera con sensore 4/3 come una Panasonic Lumix, con le dimensioni pari a 17,3mm x 13mm la diagonale è pari a 21,60mm. L’obiettivo “standard” è un 22mm.

Ecco qui spiegato il cosiddetto “fattore di Crop”, cioè quel moltiplicatore che utilizziamo per conoscere la lunghezza focale che avrà un obiettivo utilizzato su una fotocamera con un determinato negativo, diverso da quello per cui l’obiettivo è stato pensato.

Facciamo un esempio: ho in casa un obiettivo Zuiko 50mm che utilizzavo sulla storica Olympus OM-10 a rullini 24×36. Acquisto l’anello adattatore per montarlo sulla mia nuova Canon 2000D. Mi informo e scopro che il fattore di Crop o “fattore di moltiplicazione” è di 1,52, quindi il mio 50mm, sulla Canon diventa un 76mm (circa 80mm).

La focale, naturalmente, non cambia. Cambia il rapporto fra obiettivo e fotogramma.

In altre parole, il “vecchio” 50mm mi darà, sulla Canon, foto con prospettive e proporzioni simili a quelle che mi avrebbe dato un 80mm sulla Olympus. Ottimo per i ritratti mi viene da pensare!

Fondamentale il rapporto sensore-focale

Abbiamo appurato che lo “standard” del 50mm lo è, solo perché “standard” si considera il 24×36, oggi definito “full frame”.

Liberandoci mentalmente del formato Leica possiamo dire che: «un obiettivo con focale pari o vicina alla diagonale del sensore è un obiettivo “standard” per quel formato, un obiettivo con focale inferiore alla diagonale del sensore è un grandangolo ed un obiettivo con focale superiore alla diagonale è un teleobiettivo».

Nella tabella seguente sono riportati i più diffusi formati di sensori fotografici, le loro dimensioni ed il rapporto con un obiettivo standard per il formato 24×36.

Tabella riassuntiva dei principali formati di sensori fotografici
Tipo di sensore Larghezza (in mm) Altezza (in mm) Diagonale (in mm) Obiettivo “standard” Fattore di Crop
1/10″ 1,28 0,69 1,6 1,5 mm 27,04
1/8″ 1,60 1,20 2,00 2.00 mm 21,65
1/6″ 2,40 1,80 3,00 3,00 mm 14,14
1/4″ 3,20 2,40 4,00 4,0 mm 10,81
1/2,3″ 6,17 4,55 7,66 7,50 mm 5,84
1/2″ 6,40 4,80 8,00 8,00 mm 5,41
1/1,8″ 7,18 5,32 8,93 9,00 mm 4,84
1/1,7″ 7,60 5,70 9,50 9,50 mm 4,55
1/1,6″ 8,08 6,01 10,07 10,00 mm 4,30
2/3″ 8,80 6,60 11,00 11,00 mm 3,93
1″ 13,20 8,80 15,89 16,00 mm 2,72
4/3 (Panasonic, Olympus) 17,30 13 21,60 21,00 mm 2,00
APS-C medio (Canon, Nikon) 23,6-23,7 15,60 28,2-28,4 28,00 mm 1,52
24×36 mm – Full frame 35,8-36 23,9-24 43,1-43,3 45,00 mm 1,00

Tenendo conto di questi dati possiamo fare un esempio estremo: per un sensore da 1/10 di pollice (il primo nella tabella), con un fattore di Crop di 27,04, un 50mm funzionerebbe come un 1352mm su formato 24×36, sarebbe quindi un fortissimo teleobiettivo. L’obiettivo standard per questo sensore è un 1,5mm.

Di contro, un 28mm risulterebbe “standard” per un sensore APS-C, che diventa grandangolo per un Full frame.

Non è proprio semplicissimo, lo ammetto, ma spero di essere stato chiaro.

Il moderno metodo di indicazione del formato dei sensori

Per complicare la vita dei fotografi, in tempi recenti i formati dei sensori vengono indicati in pollici, misura che si riferisce, guarda un po’, proprio alla diagonale del sensore.

Questo fatto però è di spunto per una riflessione su quando detto prima. Riflessione che può rivelarci altri dettagli.

La diagonale del sensore è anche il diametro del cerchio in cui è inscritto il rettangolo del fotogramma. E questo è un concetto che viene da molto lontano. Questa che segue è una foto scattata negli anni ’90 dell’800.

fotografia scattata con Kodak Brownie

Una foto scattata con una Kodak n° 1 alla fine dell’800.

Tanto, tanto tempo fa, le foto erano rotonde!

Non c’è da stupirsi. L’immagine che forma un obiettivo con lenti rotonde è, ovviamente, rotonda. Le macchine dell’epoca sfruttavano totalmente l’immagine, il negativo aveva questo formato circolare e di conseguenza, tale formato era riprodotto sulla carta fotografica in fase di stampa.

Qui si tratta di una macchina fotografica amatoriale, anzi, della macchina che ha permesso la fotografia amatoriale, le antiche lastre in vetro già avevano un formato rettangolare (ma questa è un’altra storia).

Solo successivamente, anche nel mondo amatoriale si andò affermando il formato rettangolare, che “ritagliava” la foto.

foto rotonda con sovraimpresso ritaglio rettangolare

La parte di fotogramma visibile nelle versioni successive della Kodak n° 1.

Ricapitolando: il formato delle prime foto aveva come parametro di misura il diametro della foto stessa, che era poi il diametro dell’immagine creata dall’obiettivo. In seguito, il formato dei negativi venne indicato con larghezza e altezza, e veniva dimenticato il parametro della diagonale (il diametro).

Oggi, nei moderni sensori, torna l’antico parametro della diagonale, le cui origini risalgono proprio a quelle vecchie fotografie rotonde dell’800.

Qualche considerazione finale

Ho voluto fare questo articolo perché non ho trovato, in rete o altrove, testi che parlano dello stretto rapporto che esiste fra lunghezza focale e diagonale del negativo. Il che mi ha stupito non poco.

Sono convinto che, comprendere il legame fra focale dell’obiettivo e dimensioni del fotogramma, sia fondamentale per la scelta dell’obiettivo, in funzione del messaggio visivo che si vuole trasmettere attraverso la foto che stiamo scattando.

Una foto con un obiettivo “standard”, un 50mm su 24x36mm o un 28mm su APS-C, oppure un 300mm su una lastra 18x24mm; è rassicurante, di comprensione immediata. I rapporti prospettici coincidono con le nostre abitudini visive e la profondità dell’immagine è, per certi versi, banale ma realistica, usuale, vera.

Quando la focale dell’obiettivo supera la diagonale, nel caso del teleobiettivo, la foto diventa intima, ravvicinata. Escludiamo il contorno, l’azione si concentra nel piccolo spazio osservato. Come quando, guardando al naturale un paesaggio, rivolgiamo la nostra attenzione ad un dettaglio: alle case arroccate su una collina, all’albero solitario nel mezzo di un campo coltivato, alla vela stagliata sull’orizzonte del mare.

Il teleobiettivo schiaccia le prospettive, ci fa vedere, e pensare, solo a quel dettaglio. Quando guardiamo al naturale, lo zoom lo fa la nostra mente, quando scattiamo una foto il lavoro lo fa il rapporto fra focale dell’obiettivo e diagonale del fotogramma.

Al contrario, il grandangolo comprende, comprende tutto lo spazio di fronte a noi, anche oltre il nostro sguardo. In questo caso è come se stessimo guardando il nostro panorama di qua e di là, i nostri occhi si muovono, cercano lo spazio, lo “scannerizzano” e nella nostra mente si forma una immagine più grande del nostro campo visivo.

Quando guardiamo lo spazio attorno a noi in questo modo, il lavoro è fatto dai muscoli oculari e dalla nostra memoria visiva. Quando scattiamo una foto con un grandangolo, il lavoro, ancora una volta, è fatto dal rapporto fra focale dell’obiettivo e diagonale del negativo.

Un’ultima chicca

Il fine ultimo dello scattare foto è, o dovrebbe essere, quello di stamparle su supporto cartaceo. Il modo migliore per apprezzarle. Quante foto scattate rimangono dimenticate nell’Hard Disk esterno? Lasciate lì per non perderle e poi scordate per sempre?

Una foto su carta non la si dimentica. Prima o poi, anche se lasciata in un cassetto, ritornerà davanti ai nostri occhi a ricordarci che era lì ed a ricordarci il giorno in cui l’abbiamo scattata.

9×13, 13×18, 18×24, ingrandimenti, album; oggetti fisici da guardare e condividere con occhi vicini ai nostri.

Ma, quale è la distanza giusta per osservare le foto? Quale è il modo ottimale per apprezzarle al meglio?

Guardarle ad una distanza pari, o poco superiore alla diagonale del loro formato. Eh già, torna di nuovo questo particolare rapporto.

Prendiamo il famoso quadro di Picasso, Guernica. Sono 7,77×3,49 metri, la diagonale è pari a 8,52 metri. Bene, è questa la distanza giusta da cui osservarlo. Se avrai la fortuna di averlo di fronte, prova.

Una foto 18×24 cm è bene osservarla da 30 centimetri. In questo modo si avrà la sensazione visiva più precisa e realistica dell’immagine che rappresenta.

Non a caso, le piccole foto che guardiamo sullo smartphone, ci fanno avvicinare i nostri occhi allo schermo. Gesto istintivo finalizzato ad apprezzare al meglio le immagini visualizzate.


Hai le idee più chiare su come organizzare il tuo corredo fotografico? Una maggiore consapevolezza su come scattare le foto e come osservarle?

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