La Symbolica della Zeiss Ikon: totalmente automatica.

Indice dell'articolo

Un’ottima macchina fotografica, una delle prime completamente automatiche.

Era il 1959, l’anno in cui venne messa, per la prima volta in vendita la bambola Barbie e l’anno in cui la Zecca Italiana smise di coniare le monete da una Lira.

La Zeiss Ikon presentava la Symbolica, nome che viene dal Latino. Una elegante e solida macchina fotografica, con la caratteristica di essere totalmente automatica. Non c’è nessun controllo diretto delle aperture del diaframma e dei tempi di scatto.

Caratteristiche estetiche

Il corpo è completamente in acciaio e alluminio. Tenendola in mano si ha una sensazione di solidità e precisione dei meccanismi, anche oggi a più di sessant’anni dalla costruzione.

Le parti metalliche non verniciate di nero sono satinate, mentre le ghiere di regolazione ed altri dettagli sono lucidi con zigrinature molto ben definite.

Un bel primo piano della nostra Symbolica.

Un bel primo piano della nostra Symbolica.

Osservandola, traspare una costruzione estremamente accurata. Caratteristica presente solo in questa prima versione della Symbolica, le versioni successive saranno meno accurate, con lavorazioni dei dettagli sensibilmente più economiche.

Caratteristiche tecniche

Questa macchina fotografica montava nelle prime, più rare versioni del modello, un obiettivo Tessar 45mm f1:2,8. In quelle successive, prodotte dal 1960 al 1962, fu sostituito con un 50mm.

Utilizzava rullini 135mm, quelli che divennero poi i più diffusi nel mondo della fotografia amatoriale e semiprofessionale.

La sua forza era nella completa automatizzazione delle funzioni di scatto. La presenza di un esposimetro interno permetteva, col semplice gesto di sovrapporre i due indicatori dell’esposizione, di regolare diaframma e velocità dell’otturatore.

Messa a fuoco

Interessante la soluzione tecnica adottata dalla Symbolica per la regolazione della messa a fuoco.

La ghiera mobile per la focheggiatura ha tre indicatori triangolari. Muovendo la ghiera, uno degli indicatori si sposta fra tre icone: il “primo piano“, il “gruppo” ed il “paesaggio“.

Con questa facile regolazione si poteva rapidamente regolare il fuoco su questi soggetti primari. Nell’esigenza di una maggiore precisione; la stessa ghiera presenta altri due indici che si muovono su due scale, una in metri ed una in feet, per una regolazione più dettagliata delle distanze.

Il primo piano dell'obiettivo Tessar.

Un primo piano dell’obiettivo Tessar 45mm.

Il range di messa a fuoco va da 0,9m all’infinito (da 3feet all’infinto).

Questo andava incontro ai diversi approcci di scatto dei possibili utilizzatori.

La messa a fuoco era comunque non visibile dal mirino, non essendo una reflex.

Diaframma e tempo di posa

Nessun controllo diretto della apertura del diaframma e del tempo di posa. E neppure la possibilità di impostare una “priorità” per uno dei due parametri.

L’unico parametro da impostare è la sensibilità della pellicola montata. Definito questo, gli automatismi, totalmente meccanici della macchina, fanno tutto il resto. La sensibilità poteva essere riportata sia in DIN che in ASA, le due scale di misura della velocità della pellicola allora in uso.

Tutto è guidato dall’esposimetro. Orientando la macchina verso la scena da fotografare, la corrente prodotta dal sensore al Selenio muove l’ago sottile nella finestrella a mezzaluna.

Agendo sulla lucida ghiera in acciaio sull’obiettivo, si porta l’anellino in corrispondenza dell’ago e, si scatta.

Gli accurati ingranaggi all’interno della macchina decidono tutto, diaframma e tempo di posa.

La corsa della ghiera di regolazione si divide in due parti: una zona per l’impostazione dello scatto in luce diurna, identificata da due frecce con l’icona del sole al centro; un’altra zona per l’impostazione di scatto con il flash, riconoscibile da due scale numeriche con in mezzo una saetta che vuole rappresentare il lampo.

L’esposimetro

La finestrella in vetro sulla parte destra del frontale della macchinetta, conformata in tante piccole lenti convergenti, raccoglie la luce sul sensore in Selenio.

Il sensore produce una lieve corrente elettrica, proporzionale alla quantità di luce che lo investe. Un galvanometro ne traduce l’intensità in un momento magnetico che fa muovere l’ago, bianco su fondo nero, visibile dal vetro a mezzaluna sul lato superiore, ben visibile dall’operatore.

La leva di avanzamento della pellicola

Sulla destra del corpo macchina troviamo la leva per far avanzare la pellicola e che, contemporaneamente carica l’otturatore per lo scatto.

Leva di avanzamento della pellicola.

La leva di avanzamento della pellicola e caricamento otturatore.

Il movimento della leva è fluido e preciso. A fine corsa, la leva fa avanzare un indicatore che misura il numero degli scatti effettuati, così da avere sempre sott’occhio quante foto abbiamo consumato del rullino.

Una volta terminato il rullino e caricato uno nuovo, l’indicatore va riportato a zero, spostando con l’unghia la ghiera a cremagliera sulla leva di scatto.

Il promemoria per la pellicola caricata

Una volta inserita la pellicola nella macchinetta, non si aveva modo di vedere quale tipo di film fosse caricato all’interno.

Qualcuno aveva l’abitudine di fissare, con dello scotch, il quadratino di cartone della confezione della pellicola sul dorso, così da avere presente con quale pellicola si stava scattando.

La Symbolica viene incontro a questa esigenza con un piccolo accorgimento.

Sulla parte alta del corpo macchina è presente una ghiera con tre indici, uno per la pellicola in bianco e nero, uno per quella a colori ed un altro per le diapositive.

Ogni indicatore poteva essere posizionato lungo una scala che riportava le sensibilità in ASA e in DIN.

La regolazione di questa ghiera non aveva alcuna influenza sui meccanismi interni della macchina ma serviva solo da promemoria al fotografo.

Il ritorno della pellicola

Quando si era terminato di scattare le 12, 24 o 36 pose, si doveva far tornare la pellicola nel rullino metallico del 135.

Un pulsantino, sul fondo del corpo macchina, sblocca il rullo dentato che, così facendo, permette di far scorrere in senso inverso la pellicola.

Un pomello zigrinato, alloggiato in una risega nella parte alta della macchina, era destinato a questa operazione.

Lo si doveva estrarre parzialmente per rendere più comodo il riavvolgimento, una volta estratto lo si ruotava in senso orario per riportare la pellicola nel contenitore metallico.

La diversa resistenza che offriva faceva capire che la pellicola era completamente rientrata al suo posto. Si apriva il dorso e si rimuoveva la pellicola, pronta per essere portata al laboratorio di sviluppo e stampa.

Il mirino

La Symbolica è equipaggiata con un mirino galileiano, con un trattamento delle lenti che lo rende particolarmente luminoso e definito.

Una cornice iridescente permette di inquadrare la scena da fotografare tenendo sotto controllo l’errore di parallasse.

Questo “errore”, inevitabile nelle macchine non reflex, è dato dal fatto che obiettivo e mirino hanno due punti di osservazione diversi e così, specie sulle piccole distanze (primi piani), ciò che inquadra il mirino è leggermente spostato da ciò che inquadra l’obiettivo.

La cornice iridescente permette al fotografo di sapere che quello che viene inquadrato all’interno della cornice, verrà sicuramente riportato nel negativo.

Il flash

Questo modello era progettato per l’utilizzo del flash Ikoblitz. Un flash prodotto dalla Zeiss Ikon per le proprie macchine.

Pensato per un facile trasporto e rapidità d’uso, ci conferma l’idea che ci siamo fatti riguardo la vocazione per fotoreporter di questa macchina fotografica.

La slitta sulla parte alta del corpo macchina alloggiava il flash che, con un apposito cavetto, veniva collegato alla presa dedicata, appena sotto l’obiettivo.

Il flash Ikoblitz 4.

Il flash Ikoblitz 4, coetaneo della Symbolica e suo fedele alleato. (foto dal web)

Utilizzava, come la maggior parte dei flash dell’epoca, lampadine “usa e getta”.

Naturalmente poteva essere impiegato qualsiasi altro lampeggiatore, compatibile con le connessioni presenti.

Il filmato su YouTube

Molti altri dettagli di questa memorabile macchina li puoi vedere nel filmato seguente. Le immagini valgono sempre più delle parole.

Ti invito a guardare questa “visita guidata” alla Symbolica della Zeiss Ikon.


Spero di essere stato chiaro nella descrizione di questo apparecchio che fa parte della collezione di famiglia di macchine fotografiche.

Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo con altri appassionati come te.

Un arrivederci con le prossime curiosità del passato della fotografia.

2 Comments

Lascia un commento